sabato 26 gennaio 2013

27 movimenti

Pubblico molto volentieri, dopo tanto tempo che non scrivo, un piccolo racconto su DarkPoint di un lettore affezionato. Piace che ci siano ancora persone che amano questo bellissimo gioco che è l'arrampicata e lo praticano con passione e devozione.
Buona lettura!
"Ho finalmente la tacca in mano. Arcuo. Devo solo cambiar piede, un laterale accademico e tenere uno svaso. Piedi precari. Gomito che tira. Dicono si chiami epitrocleite.
Ho saltato pure lo spit. Ragione in più per andare feroce.
Ovviamente lo svaso mi scivola via. Cadendo giù ho tutto il tempo per gustare il sollievo di una sicura dinamica ben fatta, a smorzare il colpo e la paura. Spettacolo bizzarro e singolare agli occhi di chi non ha mai provato ad aver totale fiducia nell’altro. A mettersi in gioco e fallire.
Bravo tigre! La prossima volta andrà bene…” mi rincuora gentile ADM.
La prossima volta però sarà fra un paio di settimane (meteo permettendo), penso. Sono anch’io uno “schiavo salariato”.
Ma infondo poi non è l’attesa a rendere preziose le cose?
L’arrampicata, entrata un paio d’anni fa in punta di piedi e senza troppo credito nella mia vita, da circa un anno ormai è una costante a volte invadente. Inizialmente è stata un’occasione, un diversivo per ricostruire quel legame con la natura reciso, immolato alle banali seduzioni di sterili abitudini urbane.
Col tempo è diventata solitudine. L’unica opportunità, insieme alla musica, per poter essere pienamente se stessi, aggrappato al momento; incastrato com’ero in una vita che volevo solo in parte e che per l’altra mi limitavo ad aspettare.
In bilico su un desiderio inespresso. Perfettamente sovrapponibile al divario vuoto fra vivere ed esistere.
E alla fine si è trasformata nella rappresentazione granitica dell’esistenza stessa. Con i sacrifici, le delusioni, l’impegno, e solo raramente il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.
Quell’attimo di piena pace, il tempo di godere di quella silenziosa tregua che ti concedi fra un progetto chiuso e un nuovo cantiere da aprire. Il tempo che passa fra passare la corda in catena e la fine della calata. Sensazioni che possono durare anche mesi nella tua mente, riscaldarti il cuore, farti sudare le mani. Non importa il grado. O forse sì…
Pomeriggi di sole in cui tutto è armonia. Scendi giù, tocchi terra e percepisci nitidamente quanto c’è di solenne nell’essere nella natura con l’animo limpido, le braccia stanche e lo spirito pieno. Gioire del sorriso di chi ti teneva. Respirare lento. Adagiarsi in un sollievo. Il cuore rallenta.
Ma dura solo il tempo di girarti nuovamente, scrutare curioso la parete…come fosse una prima volta. Notare una linea, anche solo un colore.
Ti sleghi…ma non ti sleghi mai.
Sono certo che arrampicare mi abbia reso una persona migliore.
Ma può renderti perverso. E basta davvero poco. Occorre lottare anche in questo campo con le pulsioni più basse dell’animo umano.
Non ci sono più sovrastrutture o significati ma solo acido lattico ed emozioni da gestire. Spesso le più brutte. I richiami della vanità, della banalità e dell’invidia sempre in agguato.
Il modo migliore per non esserne sopraffatti allora è allenarsi. Sudare. Tentare.
La fatica ricongiunge lo spirito al corpo.
Per fortuna non si può mentire alla pietra.
Credo sia per questo che non si parla mai di successi, vittorie e sconfitte. Ogni volta che senti di aver imparato qualcosa o aver fatto un minimo progresso - anche solo in termini di barbara quotidianità spinta qualche centimetro più in giù - ne esci migliore.
L’avversario esiste ed è il peggiore che potesse capitarti: te stesso, in balia degli istinti più primitivi; i tuoi limiti da piegare, ancora un altro po’, un po’ più in là, con la paura che questa volta non ti lasceranno passare; che questa volta stai puntando troppo in alto; che la catena è troppo in alto.
I tuoi demoni ti aspettano al varco, pronti a ritrovar rinnovato vigore ad ogni presa sfuggita. Ad ogni dito che non vuol saperne di arcuarsi.
C’è anche chi, come in una profanazione, fa a pezzi la pietra pur di passare.
Ma poi il silenzio, la condivisione, la grazia armoniosa e perfetta di un tramonto di fine giornata in falesia; non voler essere da nessuna altra parte, accarezzare le dita gonfie e stanche, secche di magnesio ed odorose di pietra; percorrere al buio il sentiero di ritorno; sublimare il tutto in un sorriso.
Persino la rabbia, quella vera, quella con te stesso, diventa un momento autentico. Ti è concesso persino imprecare. Il bosco come uno scrigno è lì a proteggerti e ti assolve, omaggiato di te che attraverso la fatica cerchi di migliorare …La più nobile fra le aspirazioni umane.
Condividere un infuso allo zenzero bollente quando fa freddo. O un sorso d’acqua in un appiccicoso agosto di zanzare. L’amaca e la chitarra; che da sole basterebbero in questo pomeriggio di alberi e di pietra. Dividere una mela.
Mi piace condividere l’arrampicata con chi ama arrampicare.
Mi piace condividere la vita con chi ama vivere."

martedì 1 gennaio 2013

Buon 2013

 In questo periodo storico in cui penso poco all'arrampicata ma scalo sempre divertendomi con vecchi amici e nuovi, con quelli che non vedo da tempo e con quelli che vedo comunque troppo poco, con la mia bellissima ragazza e con quelli che mi vogliono bene, non posso che augurare a tutti un ottimo 2013 che diventarà ancora più bello se sarà un "duemila e credici" (cit.).
Scalate e realizzate che la vita è bella, facile o difficile che sia.
Un saluto a tutti!
AndreONE